Mercoledì 9 febbraio si è tenuto presso la casa “I Pitigliani” l’incontro con le autorità previsto dal progetto Save con l’obiettivo di rafforzare la cooperazione tra i centri sanitari e le autorità per garantire un intervento efficace non appena viene rilevata la violenza domestica.
Il programma dell’incontro prevedeva una breve introduzione sul progetto Save, la presentazione di tre casi di violenza ed infine una tavola rotonda per discutere, con i partecipanti all’evento, le criticità emerse.
I partecipanti erano: un giudice, un dirigente della divisione anticrimine, un viceprefetto, un esperto di violenza di genere, un dirigente scolastico, un farmacista, un sacerdote, avvocati, psicologi, assistenti sociali.
Il primo caso ha riguardato la violenza subita da una bambina peruviana, ormai adolescente, all’età di 8 anni da parte del fratello . Il caso, delicato e complesso ha evidenziato diverse criticità tra cui la difficoltà della lingua, i pochi centri di accoglienza rispetto al numero di vittime in continuo aumento, l’età del fratello diventato ormai maggiorenne e quindi imputabile, la difficoltà economica, la necessità di un affiancamento alla famiglia. Al termine della presentazione è intervenuto il giudice Attura, Gip al Tribunale di Roma che, dopo aver parlato del gratuito patrocinio che spetta di diritto alla persona offesa, ha riconosciuto una certa rigidità burocratica e ha sottolineato che i tempi della giustizia, per quanto si siano molto ridotti, potrebbero essere più brevi se si procedesse a svolgere i processi a piede libero in assenza del detenuto.
Significativo anche l’intervento della dott.ssa De Rose, neuropsichiatra infantile dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù, che ha posto l’attenzione sull’importanza del bilanciamento tra la tutela primaria e quella mentale trattandosi, in questo caso, di una ragazzina allontanata dalla madre e trasferita all’interno di una comunità. Si tratta di muoversi in dinamiche delicate con l’obiettivo della tutela del minore.
Il secondo caso è stato presentato dalla dott.ssa Ciuffa insieme agli avvocati Galgano, civilista, e Parmiggiani, penalista, e ha riguardato una donna che si è recata al pronto soccorso dell’ospedale Fatebenefratelli di Roma per una ferita all’occhio riportata in seguito ad una caduta accidentale. La sensibilità del medico che l’ha visitata ha permesso di comprendere che si trattava dell’ennesima violenza subita dal marito. E’ stato pertanto allertato il centro APE e la vittima è stata ascoltata e presa in carico dalle psicologhe del nostro centro antiviolenza. Ci troviamo in un contesto molto diverso dal precedente: si tratta di una coppia italiana ed economicamente agiata. A complicare la situazione vi è la presenza di un figlio affetto da autismo e pertanto bisognoso di cure e attenzioni. In questo caso l’intervento delle forze dell’ordine è stato tempestivo e fin troppo solerte dal momento che il colpevole è stato arrestato. Ciò, però, ha comportato un problema economico in quanto la vittima si è trovata privata del sostegno finanziario del marito ed è rimasta sola a gestire il figlio e a salvaguardare il suo lavoro. Una delle criticità emerse in questo caso, comune anche agli altri presentati, è la mancanza di conoscenza del “dopo”.
Una qualunque sentenza non può e non deve rappresentare il punto di arrivo perché i veri problemi iniziano dopo, quando la vittima, anche se apparentemente ha ottenuto giustizia, viene lasciata al suo destino non facile da gestire. A conclusione della descrizione di questo caso ci sono stati diversi interventi tra cui, l’avvocato, console onorario del Nicaragua e fondatore della onlus Almamundi, che ha riportato la sua esperienza come avvocato nella tutela dei diritti dei minori e la dott.ssa Margiotta, farmacista e presidente del progetto Mimosa per la tutela delle donne vittime di violenza. Determinante è stato poi l’intervento della dott.ssa Contino, dirigente della divisione anticrimine che ha parlato del duplice intervento delle forze dell’ordine nella prevenzione e repressione e della necessità di omogeneità di intervento in tutto il territorio nazionale.
Diversi sono i progetti sul tema di prevenzione della violenza a cui la Polizia di Stato partecipa ed i protocolli di intesa stipulati con alcune organizzazioni con l’obiettivo di far conoscere gli strumenti disponibili a tutela delle persone. Infine la dott.ssa Contino ha ribadito l’importanza della rete e dell’ascolto: la vittima ha bisogno di attenzione. A tal fine sono stati organizzati, grazie all’aiuto di psicologi, corsi di formazione per insegnare le modalità di accoglienza ed evitare che la vittima ritorni sui suoi passi.
Il terzo caso è stato presentato dalle dott.sse De Rose, Cirillo e Bergonzini dell’OPBG e riguardava la violenza subita da una ragazzina calabrese da parte di un amico del padre. Le dottoresse hanno posto l’accento sulla difficoltà della vittima di denunciare la violenza andando contro una mentalità di provincia molto ristretta che l’ha fatta sentire vittima due volte. La paura della stigmatizzazione e la mancanza di tutela spesso ostacolano la denuncia. Dopo la presentazione di questo terzo caso ci sono stati diversi interventi tra cui quello da parte della responsabile dell’INPS della Regione Lazio che ha raccontato di realtà simili diffuse in tutto il territorio.
E’ intervenuto infine il dott. Mosca, esperto di violenza di genere, che ha posto l’accento su alcuni punti fondamentali, primo fra tutti l’utilizzo dei dati amministrativi. I casi di violenza sono strutturali per cui è possibile riconoscere i fattori di rischio ed individuarne gli indicatori. Conoscere, tramite la diffusione della rete, tali dati consentirebbe un’ottima prevenzione i cui costi risulterebbero inferiori a quelli sociali ed economici. Il dott. Mosca ha, inoltre, sottolineato il valore della denuncia da considerare come un indice di fiducia nelle istituzioni. È quindi necessario che il governo conosca e faccia conoscere a tutti gli operatori che entrano in contatto con questi casi le diverse convenzioni in materia, e a tutti i cittadini il proprio diritto di ricevere informazioni, conoscere le strutture sanitarie presenti sul territorio, le case famiglia, i centri antiviolenza, le case rifugio, i servizi di assistenza alle vittime di reato; avvalersi della consulenza legale e del patrocinio a spese dello stato; ricevere comunicazioni sullo stato del procedimento; conoscere eventuali misure di protezione che possono essere disposte; chiedere il risarcimento dei danni derivanti dal reato.
La tavola rotonda è stata molto interessante e ci ha permesso di appurare che è stato fatto molto per prevenire e contrastare il fenomeno della violenza ma ancora molto c’è da fare. Il governo italiano ha adottato nuove misure per garantire un intervento tempestivo ed efficace in caso di violenza e rendere più sicura la vita di tante donne. L’approvazione del “Codice rosso” entrata in vigore a luglio del 2019, ha apportato significative modifiche al codice di procedura penale e diverse disposizioni in materia di tutela della vittime di violenza domestica e di genere.
Anche l’Amministrazione della pubblica sicurezza ha maturato in questi anni una elevata professionalità investendo massicciamente nella formazione degli uomini e delle donne della Polizia che ogni giorno con capacità, senso di dovere e soprattutto umanità si trovano ad accogliere le vittime di violenza.
L’accento è stato posto anche sulla necessità di volgere lo sguardo sui maltrattanti, bisogna capire da dove nasce la loro violenza, di quali stereotipi si è nutrita ma, soprattutto, dobbiamo verificare se per ognuno di loro ci sia la possibilità di prendere autenticamente coscienza della loro condizione e lo dobbiamo fare prima che sia troppo tardi, impedendogli di realizzare una tragedia annunciata.
Difendiamo le vittime occupandoci dei loro aggressori prima che sia troppo tardi. La sfida contro la violenza si gioca esclusivamente nel campo della prevenzione.
Ci riteniamo molto soddisfatti dell’esito dell’evento anche per le parole di stima e le promesse di collaborazione che ci sono pervenute nei giorni successivi da parte di tutti i partecipanti alla tavola rotonda, concordi nel riconoscere la validità del progetto, nell’esaltarne l’immenso valore sociale e clinico-specialistico, e nello spronarci a continuare in questo importante impegno sociale estendendo il nostro obiettivo a tutte le forme di violenza
Qui potete trovare l’ articolo uscito il giorno dopo l’evento sul quotidiano La Repubblica